Oliver Wendell Holmes sullo stereoscopio e sulla stereografia
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Oliver Wendell Holmes sullo stereoscopio e sulla stereografia

Feb 08, 2024

"La forma è ormai separata dalla materia. Infatti la materia come oggetto visibile non serve più a molto, se non come stampo su cui si modella la forma. Dateci alcuni negativi di una cosa che vale la pena vedere, presi da diversi punti di vista" vista, e questo è tutto ciò che vogliamo da esso"

DEMOCRIZIO di Abdera, comunemente noto come il Filosofo Ridente, probabilmente perché non considerava lo studio della verità incompatibile con un'espressione allegra, credeva e insegnava che tutti i corpi emettono continuamente certe immagini come loro, le cui emanazioni sottili, colpendo il nostro corpo organi, hanno dato origine alle nostre sensazioni. Epicuro prese in prestito da lui l'idea e la incorporò nel famoso sistema, di cui Luerezio ci ha fornito la versione più popolare. Chi è curioso dell'argomento troverà la descrizione del poeta all'inizio del suo quarto libro. Forme, effigi, membrane o pellicole sono i rappresentanti più vicini ai termini applicati a questi effluenti. Si staccano continuamente dalle superfici dei solidi, così come la corteccia si stacca dagli alberi. Cortex è, infatti, uno dei nomi applicati loro da Lucrezio.

Queste pellicole evanescenti possono essere viste sotto uno dei loro aspetti in qualunque specchio d'acqua limpido e calmo, in uno specchio, nell'occhio di un animale da chi lo guarda di fronte, ma meglio ancora dalla coscienza dietro l'occhio nel atto ordinario della visione. Devono essere impacchettati come i fogli di un libro chiuso; infatti supponiamo che uno specchio dia l'immagine di un oggetto distante un miglio, ne darà una in ogni punto a meno di un miglio, sebbene questo fosse suddiviso in un milione di parti. Eppure le immagini non saranno le stesse; infatti quello preso a un miglio di distanza sarà piccolissimo, a mezzo miglio ancora più grande, a cento piedi cinquanta volte più grande, e così via, finché lo specchio potrà contenere l'immagine.

Sotto l'azione della luce, poi, un corpo rende potenzialmente presente a distanza il suo aspetto superficiale, diventando apprezzabile come un'ombra o come un quadro. Ma rimuovi la causa, il corpo stesso, e l’effetto sarà rimosso. L'uomo si guarda allo specchio e va per la sua strada, e subito sia lo specchio che il riflesso dimenticano che tipo di uomo fosse. Queste pellicole visibili o scorrimenti membranosi di oggetti, di cui parlavano gli antichi filosofi, non hanno esistenza reale, separabile dalla loro fonte illuminata, e periscono istantaneamente quando questa viene ritirata.

Se un uomo avesse consegnato uno speculum metallico a Democrito di Abdera, e gli avesse detto di guardarvi la faccia mentre il suo cuore batteva trenta o quaranta volte, promettendogli che una delle pellicole che la sua faccia stava perdendo vi rimanesse attaccata, in modo che né né lui, né esso, né alcuno dovesse dimenticare che uomo fosse, il Filosofo Ridente avrebbe probabilmente rivendicato il suo diritto al suo titolo con un'esplosione che avrebbe stupito l'oratore.

Questo è proprio ciò che ha fatto il dagherrotipo. Ha fissato la più fugace delle nostre illusioni, quella che l'apostolo, il filosofo e il poeta hanno usato come tipo di instabilità e irrealtà. La fotografia ha completato il trionfo, facendo sì che un foglio di carta riflettesse le immagini come uno specchio e le trattenesse come un'immagine.

Questo trionfo dell'ingegno umano è il più audace, remoto, improbabile, incredibile, quello che sembrerebbe meno probabile essere ritrovato, se se ne perdessero tutte le tracce, di tutte le scoperte fatte dall'uomo. Per noi è diventata così quotidiana che dimentichiamo la sua natura miracolosa, come dimentichiamo quella del sole stesso, al quale dobbiamo le creazioni della nostra nuova arte. Eppure in tutte le profezie degli appassionati sognatori, in tutte le ipotesi casuali sulle future conquiste della materia, non ricordiamo alcuna previsione di una meraviglia così inconcepibile, come quella del nostro vicino dietro l'angolo, o del proprietario della casetta su ruote, stando nel comune del villaggio, fornirà a chiunque di noi la remunerazione più penosamente esigua. Nessun secolo di invenzioni include questa tra le sue possibilità. Nient'altro che la visione di un Laputano, che trascorreva i suoi giorni estraendo raggi di sole dai cetrioli, avrebbe potuto raggiungere un tale culmine di delirio da delirare sul momento in cui un uomo avrebbe dovuto dipingere la sua miniatura guardando una tavoletta vuota e una moltitudine di desolazione del fogliame della foresta o un'infinita Babele di tetti e guglie si imprimono, in un momento, così fedelmente e così minuziosamente, che si può strisciare sulla superficie dell'immagine con il suo microscopio e trovare ogni foglia perfetta, o leggere le lettere di lontane lettere segni, e vedere quello che era lo spettacolo al "Variétés" o al "Victoria", la sera del giorno in cui è stata scattata, proprio come spazzava il panorama reale con un cannocchiale per esplorare tutto ciò che contiene.